Vita, Carriera, Opere e mostre di Don Manfredi
Don Manfredi (1930–2000): L’artista del gioco profondo. E' stato un artista italo-americano la cui opera attraversa il Novecento con una voce silenziosa ma intensamente riconoscibile. Nato a New York nel 1930, si formò in un ambiente artistico ricco e culturalmente stimolante. Fin da ragazzo dimostrò un talento straordinario per il disegno e la pittura, al punto che i suoi lavori giovanili furono presto esposti in importanti gallerie della sua città natale. In questi primi anni, l'arte di Manfredi si sviluppò nel solco di un realismo poetico, già punteggiato da elementi simbolici che divennero tratti distintivi della sua produzione matura.
La sua formazione passò attraverso istituzioni di prestigio come la Art Students League of New York e grazie a borse di studio che gli permisero di viaggiare e studiare in Europa. Già negli anni Quaranta e Cinquanta, Manfredi fu invitato a tenere mostre personali in gallerie di spicco, tra cui la Weyhe Gallery a New York e la Roko Gallery, dove presentò cicli ispirati a una poetica del quotidiano, come la serie "Slaughterhouse". I suoi lavori di questo periodo sono oggi conservati in alcune collezioni pubbliche americane, tra cui: Il Detroit Institute of Arts Il Springfield Museum of Fine Arts (Massachusetts) La Memorial Gallery di Rochester, New York Una pausa per il restauro, poi la rinascita artistica Dopo un’intensa attività nei primi decenni della sua carriera, Manfredi si dedicò a lungo al restauro artistico, perfezionando le sue conoscenze tecniche e collaborando su opere anche di altissimo livello, come alcuni dipinti del ciclo delle Ninfee di Claude Monet. Questo silenzio pittorico durò diversi anni, fino a quando – ormai stabilitosi in Italia, in particolare in Liguria – tornò alla pittura con una rinnovata profondità espressiva.
Tra il 1997 e il 2000, Manfredi visse una nuova fioritura artistica, esponendo regolarmente in Italia e in Europa. In questo periodo, la sua poetica si fece ancora più personale e visionaria: i suoi soggetti erano popolati da giocattoli, marionette, trottole, ma anche da frammenti della memoria e figure solitarie, immerse in atmosfere sospese, quasi teatrali. Mostre principali (1997–2000) Sanremo – Bottega d’Arte: più volte ospite di questa galleria, vi tenne numerose personali, tra cui quella dedicata alla serie “Canzone in cornice”. Firenze – Galleria Gadarte: presentò una selezione di opere centrata sul tema del gioco come metafora della condizione umana. Dolceacqua – Premio Internazionale Monet (1997): vinse con una serie di lavori che mescolavano memoria infantile e tecnica raffinata. Spagna – Roses, “Trofeo Dalí” (1998): partecipò a un evento internazionale che celebrava le contaminazioni tra surrealismo e arte figurativa. Germania – Foresta Nera (1998): espose al Kurhaus di Freudenstadt, al Golf Club Schloss Weitenburg e a Schloss Glatt, con ottimo riscontro di critica. Villa Ormond (Sanremo): partecipò a due importanti collettive con la serie “Canzone in cornice”, premiato anche al Premio Salesi (1999). Le opere di Manfredi entrarono anche in prestigiose collezioni private: Otto Preminger, celebre regista hollywoodiano, fu tra i primi sostenitori del giovane Manfredi. Edward Warfield, mecenate e collezionista statunitense, possedeva diverse sue opere a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Diversi collezionisti italiani e francesi acquisirono le sue opere negli anni Novanta, attratti dalla raffinatezza tecnica e dalla delicatezza emotiva delle sue composizioni. Uno stile unico, tra malinconia e incanto L’arte di Don Manfredi è inconfondibile: in bilico tra figurazione e simbolismo, trae ispirazione dal mondo dell’infanzia, ma non in senso nostalgico.
Piuttosto, il suo è un viaggio intimo dentro la fragilità dell’essere, un tentativo di cristallizzare momenti sospesi nel tempo. I carillon, le bambole, i burattini che popolano le sue tele non sono semplici oggetti decorativi, ma presenze evocative, contenitori di memorie, specchi dell’identità. Nel suo lavoro si sente la sensibilità del restauratore, l’amore per la materia pittorica, il rispetto per la forma. Ma vi si legge anche la visione del poeta: ogni opera è un piccolo teatro dell’anima, una canzone muta che parla di silenzio, infanzia, gioco e perdita. Don Manfredi morì a Londra nel 2000, ma la sua figura continua a vivere nelle opere lasciate in musei, collezioni e negli archivi fotografici che lo documentano. Fu definito da Marianne Moore, poetessa americana, “uno dei migliori pittori sconosciuti del nostro tempo”. Una definizione che restituisce sia la qualità del suo lavoro, sia il carattere schivo e appartato dell’artista, lontano dalle logiche del mercato ma profondamente radicato in una poetica personale e sincera.
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